La conoscenza delle nuove tecnologie dell’informazione e della comunicazione e del loro utilizzo, sembra oggi determinare molteplici cambiamenti a livello politico, sociale e civile. Gli effetti, ancora non completamente chiari, dell’avvento di nuovi modelli di comunicazione e di partecipazione hanno portato alla nascita di nuove realtà all’interno della rete virtuale.
Si parla sempre più spesso di una trasformazione profonda della società in genere, dove le nuove tecnologie hanno totalmente influenzato le modalità di percezione della realtà, del senso di comunità e di cittadinanza. Alle soglie dello sviluppo di tale società viene messo in discussione il concetto di democrazia; viene previsto l’avvento di un modello di democrazia diretta, una democrazia che ricorda la democrazia del popolo, in cui sia possibile ritrovare l’antica atmosfera dell’agorà ateniese, dove si concedeva la parola ad ogni cittadino, perché esprimesse liberamente la sua opinione sulla “res publica”. Le ICT hanno consentito il passaggio dal tradizionale modello di comunicazione verticale a quello orizzontale, offrendo così la possibilità agli individui, destinatari del messaggio, di essere interlocutori attivi e non più solo spettatori passivi della comunicazione, andando a modificare, nello stesso tempo, anche le tradizionali modalità di funzionamento del sistema politico. A questo effetto si lega la possibilità di una partecipazione diretta dei cittadini alla vita politica e sociale, che, nel tempo, potrebbe portare ad una progressiva perdita delle tradizionali funzioni del sistema politico, andando ad indebolire o a rafforzare i diversi soggetti partecipanti alla discussione democratica. Grazie all’utilizzo delle nuove tecnologie interattive, i cittadini avranno la possibilità di accedere al processo politico in tempo reale, creando una forma di partecipazione nuova e diversa, più critica nei confronti dei ruoli e delle azioni intraprese dai politici, in grado di valorizzare il peso dei dibattiti popolari.
La realizzazione di quella che Grossman (1997) definisce “repubblica elettronica”, che dovrebbe rappresentare una forma avanzata di comunicazione e di partecipazione, utile per la costruzione del consenso e alle volte efficace anche per la manifestazione del dissenso, viene resa possibile dall’esistenza di diversi fattori, quali la velocità sempre maggiore della circolazione delle informazioni, il crescente desiderio di una politica più facilmente accessibile al grande pubblico e la diffusa delusione da parte della cittadinanza nei confronti della classe politica.
Le ICT consentono, dunque, il passaggio dal tradizionale modello di comunicazione verticale a quello orizzontale, offrendo così la possibilità agli individui, destinatari del messaggio, di essere interlocutori attivi e non più solo spettatori passivi della comunicazione, andando a modificare, nello stesso tempo, anche le tradizionali modalità di funzionamento del sistema politico. Ciò che oggi rende diversa la cittadinanza è il ruolo dato alla tecnologia, capace di rendere possibili interventi diretti dei cittadini sui processi decisionali, prese di posizioni, precedentemente inimmaginabili. Le ICT, ed in particolare le caratteristiche di Internet, interattività e multimedialità, permettono a decine di milioni di cittadini, ovunque essi siano, di ricevere le informazioni di cui necessitano per comprendere la situazione politica del proprio paese e delle altre realtà globali, per recuperare almeno in parte una riserva di potere sul proprio futuro. L’emergere di una nuova democrazia induce a ripensare le procedure, le strategie politiche e anche la struttura propria delle diverse istituzioni, affinché nella società dell’informazione non si vengano a creare dispotismi o situazioni tali da ledere i diritti individuali, soprattutto delle minoranze.
L’avvento delle nuove tecnologie della comunicazione e dell’informazione sta lentamente determinando una modificazione nel destino della democrazia. In ambito politico si assiste al mutamento dell’idea stessa di politica, all’abbattimento dei confini spaziali e temporali, che permettono al cittadino di diventare parte attiva del processo comunicativo. La rete Internet, è infatti, per definizione, uno strumento di delocalizzazione, in cui cadono i limiti dello spazio e del tempo e dove tutti i cittadini possono riunirsi, discutere e deliberare. In conseguenza dell’affermazione e della diffusione delle ICT[1], vi è la speranza della costruzione di una sfera pubblica che veda coinvolti tutti i cittadini di un paese. Solitamente quando si parla di sfera pubblica ci si riferisce al concetto habermasiano di spazio all’interno del quale i soggetti, in una condizione di parità, discutono di questioni di rilevanza pubblica; essa va dunque intesa come il luogo dell’uso pubblico della ragione, ossia un contesto sociale dove i cittadini, comunicando pubblicamente l’uno con l’altro, possono convincere o essere convinti, o maturare insieme nuove opinioni. Oggi tale sfera viene ad essere definita in relazione ai mass media: è tramite essi, infatti, che si realizza la circolazione delle idee e che si pongono le condizioni perché il forum di discussione possa funzionare. Lo sviluppo delle ICT è stato considerato come il primo e vero elemento in grado di ricreare le condizioni per un ritorno all’agorà ateniese, luogo dove ci si incontrava al di fuori delle mura domestiche, anche se, come ci dice Dahlgren “una vibrante sfera pubblica di per sé non garantisce una democrazia: è un ingrediente necessario ma non sufficiente” (Dahlgren, 2001, p. 37). Notiamo come Internet disponga di alcune virtù molto importanti: da un lato, data la sua diffusione, riveste l’importante ruolo di canale di informazione, creando così un cittadino informato e consapevole (prerequisito di ogni democrazia); dall’altro può, ma soprattutto deve, essere anche il luogo delle decisioni collettive, dove tutti possono essere consultati ed esprimere on line il loro orientamento. La politica dovrebbe, perciò, essere pronta ad utilizzare le opportunità offerte dalle nuove tecnologie, per realizzare mediazioni dove tutti i punti di vista e i contrapposti interessi possano farsi ascoltare e dove, in seguito, la maggioranza sia capace, in qualche modo, di tener conto delle esigenze degli altri, per l’appunto mediando. Le nuove tecnologie dell’informazione e della comunicazione, con il superamento dei limiti imposti dalla fisicità, ripropongono una nuova tensione tra l’essere ed il dover essere della democrazia, tra la sua definizione normativa e quella empirica. La rete diventa
[1] Information Communication Technologies.
una nuova metafora di democrazia: da un lato si allargano le possibilità di realizzare una democrazia del popolo, con l’opportunità di realizzare procedure di decisione popolare; dall’altro si costata la presenza di una serie concreta di rischi e limiti, come la difficoltà di riorganizzare le comunità umane o come la resistenza culturale e politica a legittimare la rete come strumento di nuova partecipazione politica (De Rosa, 2002). Internet e democrazia si incontrano e scontrano tra teoria e pratica che, mettendo in crisi i vecchi regimi politici, di fatto spingono verso la realizzazione di una partecipazione diretta. Siamo ancora lontani da una definizione di democrazia come processo di policy making [2], nel quale i governanti, considerati politicamente uguali, controllabili e sostituibili, si dimostrano ricettivi alle preferenze dei governati. La ricettività è la caratteristica evidenziata da Dahl nel definire la democrazia come quel sistema politico dotato di capacità di risposta alle esigenze del cittadino; è da qui, che si origina, quello che lui stesso chiama, dilemma democratico: “…al crescere delle dimensioni della politica, diminuisce il controllo dei cittadini su di essa, tanto che la democrazia dello stato-nazione sembra dover incontrare lo stesso destino della democrazia delle città-stato” (Dahl, 1994, p.25). Come afferma anche Sartori (1996), vi sono tre condizioni perché si possa parlare di democrazia, ossia quando vengono garantite alcune libertà fondamentali: (1) libertà di pensiero, vale a dire la possibilità di attingere a tutte le fonti disponibili di informazioni, un accesso garantito che permetta di controllare le informazioni stesse, in modo che non siano inquinate; (2) libertà di espressione che, connessa alla libertà di pensiero, rappresenta la possibilità di dare un seguito concreto alle proprie idee, organizzandosi e diffondendo le proprie opinioni; (3) pluralismo dei media, ossia la garanzia dell’esistenza di più fonti dalle quali reperire l’informazione. Quest’ultima condizione è essenziale perché si possa portare avanti una funzione di controllo dei principali mezzi di comunicazione e delle rispettive proprietà, alle quali corrispondono i rispettivi giri di interesse (ivi, pp.67-73). La democrazia, dunque, si distingue dalle altre forme di governo per il principio secondo il quale, coloro che governano, sono soggetti al controllo di coloro che sono governati. In una vera democrazia, dunque, il potere fluisce dal basso verso l’alto. R.J.Varn (1993) si lamenta dell’uso spesso troppo analitico del termine “democrazia elettronica”, tanto da sostenere che tale espressione viene usata per descrivere troppe funzioni delle nuove tecnologie nel governo della cosa pubblica, come: accrescere la partecipazione dei
[2] Policy making: processo di formazione, definizione e attuazione
cittadini, migliorare l’accesso alle informazioni e ai servizi pubblici, semplificare le azioni del governo e, infine, reinventare il concetto di politica. La maniera in cui tutto ciò potrà essere realizzato, ossia perché tutto ciò diventi più o meno democratico, dipenderà non solo dal grado di competenza politica dei cittadini, ma anche dalla misura in cui il governo sarà in grado di lavorare di concerto per far funzionare la democrazia elettronica, considerando le ICT uno strumento di partecipazione politica. Il mutamento in atto può essere descritto, inoltre, dalle parole di Grossman (1997) usate per descrivere “la Repubblica Elettronica” che sta per costituirsi: “le attuali tecnologie di telecomunicazione probabilmente permetteranno al nostro sistema politico di tornare alle radici della democrazia occidentale, così come esso è esistito nelle antiche città stato greche” (ivi, p.43). Una democrazia, in altre parole, basata sulla partecipazione alla discussione politica che si sviluppa nell’ambito della sfera pubblica di cui parla. Lo sviluppo delle ICT ha determinato, insomma, la nascita di quella che si definisce e-democracy, ossia l’insieme di policy, strumenti e modelli tecnologici volti ad accrescere la partecipazione dei cittadini ai momenti di decisionali dell’azione pubblica, nell’ambito di percorsi di rivitalizzazione della sfera del confronto tra istituzioni pubbliche, rappresentanti politici e cittadini/elettori (ibidem). Lo sviluppo dei processi di e-democracy dovrebbe pertanto portare ad un potenziamento delle configurazioni di trasparenza, accessibilità e dialogo; al consolidamento della pratica dell’ascolto dei cittadini come momento trasparente, misurabile, confrontabile e pubblicizzabile in ordine a molti aspetti connessi alla fiducia verso le istituzioni, alla conoscenza di attività funzionali e decisionali, al gradimento delle politiche e dei servizi, ma anche come momento rivolto alla comprensione delle priorità collettive e alla percezione dei bisogni di particolari fasce di cittadini. Obiettivo della e-democracy è realizzare una democrazia capace di integrare i nuovi strumenti dell’informazione e comunicazione all’interno di percorsi di mediazione e rappresentazione delle istituzioni. Lontana, in tal senso, dal fascino della democrazia diretta e partecipata, la e-democracy rappresenta una formula innovativa di confronto con le problematiche delle democrazie rappresentative e parlamentari dell’epoca moderna – come la perdita di fiducia nelle istituzioni, la crescita del disinteresse politico specialmente tra i giovani, l’affermarsi di livelli decisionali non caratterizzati dai comuni percorsi di partecipazione democratica – che al contempo va a innestarsi in un processo di riordino dell’intero assetto delle istituzioni nazionali. Inoltre, nella rete, i partiti riescono a recuperare alcune funzioni perse durante la crisi del partito di massa (Bentivegna, 1999,2001,2002), come:
(1) la funzione di networking, che permette di organizzare e rendere visibili le attività di tutti gli organismi e soggetti che fanno riferimento al partito stesso, in modo che esso si possa presentare in tutte le sue articolazioni e, contemporaneamente, possa costruire una rete di relazioni che mette in contatto soggetti diversi. Tale funzione consente sia di migliorare l’organizzazione del partito, sia di recuperare una sorta di apertura verso l’esterno, presentando programmi di eventi o manifestazioni alle quali possono partecipare militanti e sostenitori, supplendo così ad una possibile assenza sul territorio. Al navigante che visita il sito viene offerta una mappa, corredata da didascalie che consentono un eventuale contato (indirizzi e-mail) e che permettono di individuare le competenze assegnate. Quanto più un partito gode di un’organizzazione stabile e centralizzata, tanto più la riprodurrà in rete.
(2) la funzione informativa, è intesa come la possibilità offerta dalle nuove tecnologie di recuperare il controllo della produzione e della distribuzione dei flussi comunicativi, quindi come un’occasione di emancipazione dai media tradizionali che vengono bypassati e marginalizzati, rendendo possibile la diffusione dei messaggi privi di interpretazioni da parte dei giornalisti. Il formato dei sound bite [3] viene archiviato e sostituito con dichiarazioni e prese di parola interamente controllate. La funzione informativa permette ai partiti di insidiare la posizione di monopolio assunta dal sistema dei media, ed inoltre, autogestendo interamente la produzione e la distribuzione, essi riescono ad attivare un controllo e una visibilità altrimenti difficilmente ottenibili. Dichiarazioni e interventi degli esponenti di maggior rilievo del partito trovano spazio nel sito, assieme ad attacchi e contestazioni di altri soggetti o partiti. L’intera offerta informativa presente nei siti può essere distinta tra un’informazione interna ed una esterna. E’ interna, quando si rivolge ai militanti e ai sostenitori, offrendo loro aggiornamenti, dichiarazioni e materiale di approfondimento su alcuni temi; esterna, invece, quando si rivolge ai cittadini promuovendo e pubblicizzando il partito. Inoltre l’informazione può differenziarsi in merito alle finalità, che possono essere pedagogiche, di agenda setting e di coltivazione della memoria. La finalità pedagogica “si manifesta mediante l’offerta di indicazioni utili ad intraprendere un percorso formativo tale da consentire una conoscenza più approfondita o addirittura una piena condivisione della linea politica del partito” (Bentivegna, 1999, p. 50).
[3] Brevi citazioni, battute, possibilmente polemiche, che rendono appetitosa la notizia altrimenti piatta e noiosa. Tendenza naturale dei media a cogliere solo i contenuti più sensazionali di una notizia; ricerca eccessiva di semplificazione e drammatizzazione che banalizza il dibattito politico, trascura i temi più importanti, dando al pubblico una visione distorta delle informazioni diffuse.
Essa si traduce in un contributo alla costruzione di un percorso di formazione politica nelle attuali società moderne. La finalità di agenda setting si realizza quando il partito individua un tema da sottoporre all’attenzione dei cittadini e lo sviluppa attraverso l’apertura di forum di discussione o la predisposizione di sondaggi on-line; in tal modo l’effetto che si realizza è che è il partito a stabilire le priorità, orientando l’attenzione delle persone solo su determinati temi. In ultimo, la finalità di coltivazione della memoria si realizza mediante la creazione di archivi, all’interno dei quali rintracciamo la storia più o meno recente del partito o dei leader e tutto il materiale giudicato interessante.
(3) la funzione di mobilitazione e reclutamento è considerata come l’opportunità di creare occasioni di pressione e di ampliare il numero degli aderenti, in modo tale da poter aumentare l’incisività e la visibilità della propria azione. Per i partiti politici la fase più intensa di attività di mobilitazione si registra in coincidenza degli appuntamenti elettorali, declinandosi in un’attività di campaigning. Durante questi periodi il partito utilizza il sito per proporre il programma elettorale, le liste dei candidati e le informazioni relative a tutti gli eventi che segnano la campagna. Le forme di mobilitazione alle quali i cittadini possono essere chiamati variano dalle tradizionali manifestazioni in piazza, all’invio di e-mail ad esponenti del Parlamento, fino alla raccolta di firme per strada.
(4) la funzione di partecipazione, intesa come opportunità di attivare flussi diretti di comunicazione con i cittadini, attraverso occasioni di dibattiti e gruppi di discussione. La dimensione della partecipazione è costitutiva più dei movimenti sociali che dei partiti politici. Nel corso degli ultimi anni, la funzione di gate-keeping [4] è stata delegata ai professionisti della politica, vale a dire ai sondaggisti incaricati, per conto del partito, di individuare i bisogni dei cittadini. Il risultato di tale delega ha comportato una progressiva riduzione delle occasioni di interazione face-to-face, contribuendo a sottolineare ancora una volta la distanza che ormai separa i partiti politici dalla società civile. Inoltre, si danno ulteriori possibilità di interazione tramite la posta elettronica e i forum di discussione, che permettono uno scambio di opinioni sui
[4] Concetto introdotto negli anni Cinquanta. Indica una specifica funzione, quella del gata keeper, che filtra le notizie e controlla direttamente i temi da introdurre nel dibattito presso l’opinione pubblica. La funzione di gata-keeping può essere attribuita ai media in generale, qualora vengano considerati come fonti principali, se non esclusive, di informazione.
temi posti al centro del dibattito dal partito stesso; i sondaggi, tesi a registrare le posizioni dei naviganti senza mediazioni; i dibattiti on-line con i leaders, che consentono di rivolgere in prima persona le domande; e le chat line, occasioni di conversazione tra tutti i soggetti interessati. Infine, vi sono le newsletter che hanno l’intento di creare un senso di comunità, inviate dal partito con cadenza periodica. In verità i partiti, fino ad oggi, hanno sfruttato ben poco le opportunità connesse all’affermazione delle ICT. Fin quando il modello organizzativo presente, sarà quello centralizzato, difficilmente si avranno significative trasformazioni nelle occasioni di contatto diretto con i cittadini, perché ciò che si trova in rete oggi, purtroppo, non è altro che la versione tecnologica di ciò che si trova nelle sedi dei partiti (Bentivegna, 2002, pp. 73-95).
Aspetti negativi dell’impatto delle ICT sul processo democratico
Una temuta conseguenza della diffusione delle ICT concerne la possibile minaccia nei confronti dell’attuale distribuzione del potere e del suo equilibrio, essenziale nell’organizzazione democratica, sia in relazione ai rapporti di potere istituzionali di tipo verticale - tra governi centrali e locali - , che di tipo orizzontale - tra i diversi settori della pubblica amministrazione. La condivisione del potere, infatti, rappresenta uno degli aspetti sociali più importanti nella costruzione e nell’uso delle reti, poiché i media non sono affatto neutri, né tecnicamente né politicamente (Dijk, 2002). La struttura della rete permette insieme centralizzazione e decentramento, poiché il centro, i nodi e i terminali possono essere connessi in diverse maniere; la rete stessa, favorendo l’accentramento delle informazioni, tende a rafforzare apparentemente l’organizzazione centralizzata, all’interno della quale è il centro che si rafforza nei confronti della periferia. Con l’applicazione della telematica e dell’informatica, l’influenza della tecnologia sui processi di concentrazione o decentramento del potere appare diversa. Le ICT, infatti, permettono una accessibilità e una diffusione finora impensabili, rappresentano elementi importanti per l’accesso effettivamente diffuso, per la trasparenza dei processi decisionali; rendono possibile l’interazione con qualunque periferia e tra le periferie, organizzando la comunicazione in forma reticolare, priva di un centro e di una qualsiasi gerarchia funzionale. Va considerato comunque, che non è solo l’accesso all’informazione o alla conoscenza che è importante, ma soprattutto l’essere nella giusta posizione per adoperarle: “le persone che non hanno la capacità di usare l’informazione sono senza potere” (ivi, p.105). Vi è anche il timore che sia proprio la diffusione e la facile fruibilità delle tecnologie dell’informazione e della comunicazione, a costituire un pericolo per la democrazia rappresentativa, rendendo superflua la rappresentanza per una popolazione informata e in diretto rapporto con la pubblica amministrazione che, attraverso l’effettuazione di continui sondaggi, può conoscere perfettamente l’opinione degli eletti che dovrebbe rappresentare. Risulta evidente che le ICT rinforzano molto la posizione di ciascun ente che le adotta, e se si immagina che altri non le adottino, è ragionevole prevedere situazioni di disparità. Nel caso della democrazia “on line” non sembra ancora essere pronto il momento per delineare un quadro di riferimento concettuale o per identificare regole e procedure formali specifiche. Alcuni critici vedono la diffusione delle nuove tecnologie come una pericolosa tendenza alla concentrazione del potere che porterebbe ad un perfetto totalitarismo (scenario big-brother), mentre altri esprimono il timore che le nuove tecnologie informative, applicate ai moderni sistemi politici, possano di fatto sostenere forme tecnocratiche di governo (scenario tecnocratico). Il primo, quello totalitario, è quello che maggiormente adopera tutte le risorse di cui dispone a favore dei propri scopi: è il regime politico a dare una specificazione alle applicazioni tecnologiche e non viceversa, ed è ovvio che un regime che tende al controllo totale della società e all’invasione della sfera privata, adoperi le ICT a proprio vantaggio. La paura totalitaria è giustificata dal pericolo che rappresenta la concentrazione del potere nelle mani di pochi, ma tale paura può essere superata dall’evoluzione delle nuove tecnologie, che hanno reso disponibili, per ogni individuo, strumenti molto più potenti rispetto al passato. Quindi, nella struttura delle relazioni tra stato e cittadino, le nuove tecnologie della comunicazione possono essere utilizzate per scopi e in modi diversi: o per controllare una massa di cittadini, da parte di uno “stato poliziotto”; oppure sono i cittadini stessi che le utilizzano come canale di comunicazione per trasmettere le proprie esigenze, domande, agli organi di governo. Un network di comunicazione può essere adoperato per finalità politiche differenti e ciò dipende, in buona misura, da coloro che ne hanno il controllo e da coloro che ne hanno l’accesso, oltre che dall’esistenza di regole e norme che ne disciplinano l’uso e dai fini e valori predominanti nel sistema. Il secondo, quello tecnocratico, si basa invece, sulla convinzione che la crescente complessità dei meccanismi di funzionamento delle società industriali, sia tale da impedire alla società civile di cogliere l’esatta dimensione dei propri problemi e di intervenire attivamente. In base a tali timori l’uomo diviene sempre più agente passivo, le masse si allontanano dalle strutture di potere e dal processo decisionale. Il concetto di tecnocrazia denota le capacità dei tecnici di influenzare le decisioni del potere pubblico; questo si spoliticizzerebbe perché esercitato da esperti che prendono decisioni solo in seguito ad un procedimento tecnico, razionale e sicuro, che non ammette alternative discrezionali. Oggi lo scenario tecnocratico è stato superato dalla stessa evoluzione tecnologica, infatti le ICT contribuiscono a cancellare l’idea di una tecnologia fruibile solo da una casta selezionata di professionisti specializzati, e la ricerca mira ad umanizzare la tecnologia rendendola disponibile a tutti. L’esistenza di così tanti e diversi scenari però, può essere confutata dall’affermazione della rete, che ha permesso la nascita di quello che viene definito cyberspazio, dove si evidenzia la tendenza a dotarsi, a tutti i livelli, di infrastrutture per la comunicazione elettronica, destinate a divenire un vero e proprio sistema “nervoso” della società futura.
Si parla, dunque, sempre più spesso, di società dell’informazione globale, si avviano reti civiche, sperimentazioni dell’interattività rivolte al sistema politico che hanno il fine di accrescere la partecipazione politica attiva dei cittadini, cercando di innestare forme di democrazia deliberativa. Perché questo si realizzi è necessario, non solo che i cittadini si mobilitino e si informino, ma anche che le istituzioni portino avanti iniziative che tendano a stimolare la popolazione, soprattutto quelle persone che non sanno neanche cosa sono le tecnologie dell’informazione e della comunicazione, le più restie all’innovazione, rendendo attraenti le potenzialità offerte dalle ICT, rendendole più familiari e soprattutto facendo comprendere alla popolazione tutta, quali benefici si possono ottenere una volta conosciute e apprezzate.
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